Esitono i Fantasmi a Sant’Ambrogio?
La Sacra di può raggiungere da Sant’Ambrogio inerpicandosi per l’antica mulattiera, che si snoda ripida tra i boschi e raggiunge la vetta del monte Pirchiriamo.
Appena iniziata la mulattira. a destra di chi sale, si riconoscono i ruderi dell’antico castello abaziale, residenza nei secoli XIII e XIV dell’Anbate della Sacra la cui funzione originale poteva essere quella di ospitare, oltre ai residenti, anche un ufficio di carattere pubblico, un tribunale, amministrato da un castellano o vicario che vi risiedeva con la sua scorta.
Ad ogni nuova investitura, con una solenne cerimonia, l’Abate prendeva possesso dei domini dell’Abazia mentre i sudditi facevano atto di sottomissione.
Il castello (castrum o palatium come viene anche definito) subì numerosi rimaneggiamenti e distruzioni, ma la data che a noi interessa è persa verso la fine del 1400..fu in quel periodo infatti che successe un dramma che ispirò canzoni e ballate d’amore.
Il castellano all’epoca dell’Abate Giovanni di Varax era un uomo di vita scandalosa, ruvido ed estorceva senza pietà tasse ai sudditi per impinguasi le tasche ed amava la caccia e la guerra. Avava in moglie lacontessa Anna di Beney, molto bella, colta ed intelligente, ma molto infelice a causa del suo triste matrimonio.
Un giovane del luogo, un giovane cortese, frequentava il castello e, con racconti di paesi lontani e abili conversazioni, intrattenne piacevolmente la contessa Anna.
I due presto si innamorarono di un amore puro che riempiva di luce e gioia l’animo della bella e giovane contessa, la aiutava a sopportare la rozzezza del marito che la considerava poco più di un bell’ornamento del castello.
Un giorno il castellano scoprì quell’amore e decise di lavare con il sangue il disonore. Affrontò il rivale e, prima che costui potesse difendersi, lo uccise, gli strappò il cuore, lo portò in cucina e fece preparare ad un ignaro cuoco un delizioso piatto che presentò alla consorte. Alla fine del pranzo, con un sogghigno di soddisfazione, le fece conoscere cosa lei stessa avesse mangiato.
La contessa Anna impallidì, ma l’amore suo era così grande e sublime che trovò la forza innanzi al cinismo di quel mostro e gli rispose che, poichè ella aveva preso un così prezioso cibo, le sue labbra non avrebbero più toccato cibo alcuno.
Si rinchiuse con il ricordo del suo grande amore in un piccolo appartamento isolato del castello e si lasciò morire di fame.
Quelche tempo dopo la notizia si sparse per la contrada e gli amici del giovane, inorriditi e indignati, tesoero un agguato al castellano di ritorno da una battuta di caccia. Il feroce assassino, aiutato da alcuni fidi cercò di resistere all’attacco, ma alla fine cadde sotto i copli degli assalitori.
Dopo la morte del castellano si narra che si scorga di tanto in tanto di notte un pulviscolo lumuinescente, palpitante, come uno scintillio fluorescente che lentamente prensa le sembianze di una giova donna bellissima dai biondi capelli che prega vicino alla croce che si trova lungo la mulattiera e che poco si diriga verso il castello e poi si fermi, come in attesa di qualcosa, fin quando non compare una nube ondeggiante di colore giallo chiaro che in pochi secondi si plasma in una sagoma maschile. A quel punto le due figure fluttuanti si laniano una verso l’altra fondendosi in un dolcissimo abbraccio fomando un’unica luminosità che si allontana nella notte stretta e finalmente felice.